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De Sade un breve profilo
DE SADE: UN BREVE PROFILO
DE SADE: UN BREVE PROFILO

Simone DE ANDEREIS
Perché scrivere un articolo su De Sade? La risposta è contenuta nello studio e nella riflessione che ho condotto sul pensiero del “divin marchese”; in quanto proprio di un pensiero articolato e profondo si tratta, al di là delle riduzioni, delle mistificazioni e delle strumentalizzazioni di cui è stato oggetto. Due sono gli aspetti principali che hanno colpito il mio pensiero e che mi hanno spinto ad indagare maggiormente la produzione filosofico-letteraria di De Sade: 1) l’aver intuito per primo che se la razionalità è il mezzo più efficace di cui dispone l’uomo per pervenire agli obiettivi che egli sente in sé in quanto essere umano, questi non derivano dalla ragione stessa, ma bensì da una regione dell’anima umana ancora sconosciuta ai tempi del marchese, quell’inconscio che Freud scoprirà e tenterà di esplorare solamente molto tempo dopo, e che il libertino trans-alpino qualifica genericamente come istinto; 2) il tentare di negare ad ogni costo Dio pervenendo però ad un panteismo che ritengo smascheri la sete di infinito che, al di là di ogni sua negazione, attanaglia De Sade, al pari di ogni uomo.
Ma prima di addentrarci nei due punti di cui sopra, cerchiamo di capire chi sia Donatine-Alphonse-Francois de Sade. Romanziere e filosofo francese, nasce a Parigi nel 1740 e ivi muore nel 1814; di nobile famiglia, viene educato dai gesuiti nel collegio parigino Louis-le-Grand. Finisce presto in carcere a causa di una serie di scandali e trascorrerà la maggior parte della sua vita nelle prigioni francesi, dove scriverà molte delle sue opere:
1782=> Dialogo tra un prete e un moribondo, in cui il Nostro esprime il proprio ateismo;
1785=> Le 120 giornate di Sodoma;
1787=> Les infortunes de la vertu, prima stesura di Justine (1791) in cui l’autore descrive le disavventure di una ragazza che continua a credere nella bontà divina nonostante l’evidenza del contrario. L’intento del marchese è di negare la Provvidenza divina;
1795=> La filosofia nel boudoir;
1798=> Juliette;
1800=> Crimini d’amore.
Oltre ad esse De Sade ha scritto anche varie opere teatrali.
Nel 1790 viene scarcerato per poi essere nuovamente imprigionato nel 1793, in pieno Regime del Terrore, con l’accusa di “moderativismo”. Riuscì ad evitare la ghigliottina ma, nel 1801 Napoleone ne ordinò nuovamente l’arresto.
Finì in manicomio giudicato pazzo e blasfemo per ciò che scrisse.
Alla sua morte il figlio maggiore fece bruciare tutte le opere inedite.
Questa in breve la vita del marchese.
E ora cerchiamo di comprenderne il pensiero.
Molti pensatori, tra i quali Simone de Beauvoir, hanno cercato di individuare nelle opere del filosofo tracce di una filosofia della libertà estremamente radicale, anticipatrice sotto molti aspetti dell’esistenzialismo.
I surrealisti consideravano il “divin marchese” un loro precursore, simbolo dell’uomo che insorge contro ogni divieto e Apollinaire lo definisce “ lo spirito più libero che sia mai esistito”.
E non possiamo tralasciare il film realizzato da Pier Paolo Pasolini nel 1975, tratto dall’opera Le 120 giornate di Sodoma.
Centrale nel pensiero di De Sade sono l’uomo concepito quale macchina finalizzata al piacere sessuale e la negazione di ogni trascendenza sulla quale possa fondarsi una dimensione del sacro. La sua guerra culturale e sociale ha come obiettivo qualsiasi forma di religiosità che sposti il piacere al dopo, ad una dimensione estatica trascendente il mondo fisico. Il marchese in definitiva è un materialista e tutta la sua opera è indirizzata alla negazione della trascendenza al fine di esaltare una perenne immanenza. RAGIONE & ISTINTO, ecco le uniche nozioni sulle quali si fonda la morale nel paradigma sadiano. La razionalità viene concepita quale strumento (non guida) per il soddisfacimento dell’istinto che è, nella concezione sadiana, esclusivamente quello sessuale.
Nel pensiero del “divin marchese” pertanto la visione platonica dell’uomo quale essere razionale alla continua ricerca del Sommo Bene e teso al controllo razionale delle passioni viene ribaltata. La ragione è al servizio del soddisfacimento delle passioni.
Il mondo di De Sade è chiuso e incatenato nel materialismo: egli infatti accusa l’Immaginazione di creare l’equivoco di considerare quali verità eterne l’esistenza di Dio e dei valori morali che il nobile francese considera al contrario prodotti della paura dell’ignoto per colmare il vuoto lasciato dall’istinto incatenato. Esso “trascende” la ragione dal basso, giunge dal cuore stesso della materia, da quell’abisso profondo che chiamiamo essenza dell’uomo. Ci troviamo pertanto di fronte ad una trascendenza opposta a quella divina.
La sensazione è concepita dal Nostro come assolutamente altro dalla ragione, in quanto non discutibile; due evidenze contraddistinguono il materialismo: il senso e la volontà umana di ricavare piacere da esso.
SENSISMO ed EDONISMO sono dunque i fondamenti della filosofia sadiana e l’uomo tende ad essi armato di ragione. Le azioni dei personaggi nelle opere di De Sade sono dominate dal principio di piacere e questo anticipa in un certo senso la grande scoperta psicoanalitica freudiana; la sessualità è l’energia motrice della psiche umana. Inoltre dallo studio delle opere di De Sade è possibile dedurre che anche per lui il principio di piacere è connesso sia con l’istinto di vita che con quello di morte, che Freud denominerà, nell’opera Al di là del principio di piacere, rispettivamente Eros e Thànatos.
Come abbiamo visto brevemente, il marchese edifica un sistema fondamentalmente antimetafisico, antimorale ed antietico. Il suo principale obiettivo è negare l’esistenza di Dio, per affermare esclusivamente il potere della natura tesa a soddisfare se stessa. L’uomo deve abbattere la morale e l’etica corrente per seguire esclusivamente ciò che gli ispira la natura, ciò che De Sade considera essere il vero dio.
Nel sistema sadiano negata la trascendenza e concepita la natura quale dio, si giunge pertanto all’identificazione di “creatore” e di “creatura”; la natura è quindi un’energia, una forza cieca.
Nonostante tutto ciò credo che De Sade non sfugga ad una sorta di panteismo che indirettamente e con tutti i limiti del caso possa comunque dar segno di una inconsapevole sete di infinito presente in lui e che, come ho accennato all’inizio di questo articolo, contraddistingue l’uomo quale ente intelligente finito che tende all’infinito.
Per concludere desidero precisare che questo è solamente un breve profilo del pensiero del marchese De Sade, che si inserisce in un più ampio studio che sto svolgendo sulla filosofia dell’inconscio.


Simone DE ANDREIS. Si è laureato all’Università degli Studi di Genova discutendo una tesi in filosofia teoretica. E’ autore di pubblicazioni filosofiche, ha partecipato e partecipa in qualità di relatore a convegni filosofici nazionali e internazionali.
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